Anni diversi, etnie diverse. L’Italia si è sempre sentita minacciata dallo straniero che “ospita”, ha sempre subito il colpo, ha sempre gridato all’invasione. Qualunque sia il motivo ufficiale e dichiarato, la verità è che l’italiano ha timore dello straniero, perché sente che, siccome non lo conosce, non riesce a gestirlo, di conseguenza lo percepisce come un intruso con chissà quale secondo fine.
Nel corso della storia si sono alternati paesi di provenienza e motivi differenti: prima gli albanesi, poi i musulmani, poi i romeni, poi i rom, ora i cinesi. Chiunque si avvicina all’Italia diventa un potenziale pericolo da cui bisogna difendersi e i capi di accusa sono tanti: invadono la nostra terra, rubano il nostro lavoro, portano malattie, non si sanno comportare.
Soffermandoci un attimo sulla situazione, così come invita a fare Maurizio Ambrosini, sociologo dell’Università di Milano, possiamo notare che, aldilà dell’incombenza di questo velo di pregiudizio, non c’è una effettiva criticità.
Il dottor Ambrosini ha scritto un libro, “L’invasione immaginaria. L’immigrazione oltre i luoghi comuni”, edito dalla casa Laterza, in cui illustra e spiega questo argomento, dopo averlo studiato ed approfondito con dati certi alla mano. Il sociologo sostiene, e dimostra anche, che si tratta di una preoccupazione ingigantita, non del tutto giustificata dalla realtà e dalla reale entità del fenomeno, legata più che altro all’idea sbagliata che si ha dell’immigrato stesso, al pregiudizio, non senza un minimo di ignoranza. Altro punto su cui porta a far riflettere il sociologo è che non si può assolutamente fare di tutta l’erba un fascio, nel senso che non si possono accomunare storie, persone e motivazioni, perché ogni caso è diverso da qualunque altro, per cui è opportuno ragionarci e cercare una soluzione che sia consona ed concreta.
Partendo da un’idea sbagliata, si arriva inevitabilmente ad una conseguenza non giusta.