Ruolo del mediatore culturale: l’esperienza di Santa Caterina dello Ionio

Ruolo del mediatore culturale: l’esperienza di Santa Caterina dello Ionio

L’esperienza dei Corridoi Umanitari, del Resettlement che prevede sostanzialmente la possibilità di accedere alla Protezione Internazionale con viaggi sicuri senza essere costretti a rivolgersi ai trafficanti e quindi di dover affrontare viaggi pericolosi. Non deve trasmettere la convinzione che si tratta di soggetti privilegiati sotto l’aspetto emotivo, tranquillità psicologica e senso di sicurezza personale, anzi, il disagio psicofisico che accompagna il beneficiario, in tanti casi, trova radice ancora prima della guerra, aggravato durante la stessa, con la lo sradicamento dalle proprie radici affettive e il trasferimento in un paese di transizione. Anche lì, la vita è sempre più difficoltosa in condizioni al limite dell’umano, soprattutto per coloro che sono stati collocati nei campi profughi, prima dell’arrivo in Italia. L’arrivo di un rifugiato insieme alla sua famiglia è caratterizzato da una ovvia e comprensibile difficoltà relativa all’impatto con una lingua totalmente nuova, società e cultura diverse, insicurezze ed incertezze emotive, e di conseguenza, un equilibrio psicologico non sempre stabile. In questo scenario, la figura del Mediatore Culturale risulta fondamentale: dai primi istanti, l’incontro con una persona vicina alla cultura di provenienza del rifugiato, con la possibilità di comunicare nella stessa lingua – contribuisce a trasmettere un senso di rassicurazione, soprattutto nei soggetti più vulnerabili.

Il mediatore conosce la storia, le tradizioni socio-culturali e le dinamiche geopolitiche del paese di provenienza del beneficiario, per cui, il disagio che lo caratterizza è una precondizione che un mediatore ha ben chiara nella sua mente. L’ascolto e la sua comprensione del disagio sono il primo passo per una efficace attività di mediazione che favorisce la sintonia e sinergia d’intenti. E per fare ciò si lavora per “smussare gli angoli” ed azzerare le diffidenze, cerca di far comprendere gli aspetti organizzativi e di azione del centro di accoglienza, del sistema sanitario italiano, delle procedure burocratiche che richiedono tempistiche diverse rispetto a quanto si aspetta. Tale attività, è fondamentale effettuarla fin dai primi giorni, soprattutto per limare le differenze e divergenze tra ciò che viene erroneamente assicurato e promesso durante i corsi di preparazioni a cui partecipano le famiglie che entrano nel programma del Resettlement nei paesi di transizione, e ciò che il territorio di accoglienza possa garantire, prima di arrivare in Italia. I beneficiari del Resettlement, per la maggior parte sono delle famiglie di nazionalità siriana. Spesso, le problematiche sorgono per via delle modalità di comunicazione semplicemente diverse, perciò l’intervento del mediatore culturale, mediante le conoscenze e competenze tecniche, professionali e di vissuto, acquisite in precedenza, ha il compito di agire da ponte rimuovendo le barriere linguistiche e culturali che si vengono a creare dall’incontro fra due persone provenienti da paesi diversi.

L’inserimento dei figli che vengono iscritti a scuola, è segnato inizialmente da una difficoltà
linguistica che diventa più marcata, complessa e ramificata per la mancanza di un programma specifico per alunni inseriti insieme alle loro pari età dovendo, in teoria fin da subito, comprendere tutte le materie previste dal piano di studi standard fatto per gli alunni italiani. È un limite che costituisce un ostacolo non soltanto prettamente scolastico, ma che coinvolge anche la comunicazione tra alunni e compagni, insegnanti ed alunni, scuola e genitori. Perciò, nella nostra esperienza presso il centro di Santa Caterina dello Ionio, con l’aiuto degli insegnanti si è svolta un’attività volta ad avvicinare gli alunni tra di loro, tramite incontri in classe e fuori, sempre con il contributo fondamentale del mediatore; nei prima, si è fatta conoscenza totale, di ognuno dei neo-inseriti in classe, sia personale che dell’ambienta e contesto di provenienza, con una lettura della loro versione ai loro compagni di classe dalla propria prospettiva genuina e semplice, su come hanno vissuto gli eventi e i motivi per i quali hanno dovuti abbandonare il loro paese, materiale che ha stimolato gli alunni italiani ad incuriosirsi sviluppando gran voglia di saperne sempre di più. Fuori dalla classe, sono stati coinvolti i genitori, italiani e siriani, nella condivisione culinaria, facendo conoscere le modalità pratica di preparazione dei piatti tipici italiani e siriani.

Gli addetti ai lavori spesso si sorprendono su quanto l’aspetto gastronomico, per i rifugiati
siriani, si sia sempre dimostrato di fondamentale interesse, e sono si sono interrogati sul ‘perché’. Ciò è dovuto al fatto che da sempre, in un paese governato da un regime, dove non esistono margini di libertà alcuna, rispetto a tutti gli altri aspetti della vita quotidiana, sociali religiosi e politici, la libertà d’espressione si limitava alla creatività culinaria.

L’attività di mediazione nelle scuole ha avuto la sua impronta più importante nel processo di sensibilizzazione sociale. Gli alunni che hanno partecipato a questo tipo di attività hanno potuto rimandare e riferire ai propri genitori ciò che gli è stato trasmesso ed insegnato e come la tolleranza reciproca verso l’altro, in questo caso verso i loro coetanei siriani, gli abbia allargato i confini di pensiero, soprattutto quando ci si rende conto dell’apporto di arricchimento culturale che porta con sé questo tipo di immigrazione e di accoglienza; tra i genitori, ci sono quelli che in Siria svolgevano attività di artigianato ormai in via di estinzione in Italia, come il sarto che il suo raggio d’azione risulta completo- dalla riparazione di capi al design e produzione di vestiti dalla A alla Z. Solo il riconoscimento della differenza dà la possibilità, al paese ospitante, di costruire un percorso comune. Oggi però si parla soprattutto d’invasione e ciò significa non guardare alle diversità, ma concentrarsi sullo schema interno dei propri confini…

Questa attività è in linea con la coerenza dei compiti principali del mediatore culturale, tra cui quello di contribuire al superamento del disagio del rifugiato. In questo caso l’alunno che vive spesso il cambiamento, in modo drammatico a causa soprattutto dalla frantumazione della propria identità culturale; segnali chiaramente visibili soprattutto negli alunni che presentano un’età in procinto ad entrare nel fase adolescenziale, chiamati a vivere il cambiamento drastico con la perdita dei legami amicali e dei riferimenti di sempre, che accompagna l’alunno nel suo nuovo percorso scolastico agevolandolo ed aiutandolo ad orientarsi all’interno della complessità e diversità dei sistemi culturali.

[Google_Maps_WD id=1 map=1]

Condividi sui social