Fondata nel 1978 per monitorare il rispetto da parte dell’Unione Sovietica degli accordi di Helsinki e cresciuta col tempo, Human Rights Watch è un’organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani ed ha la sede principale a New York.
Essa ricerca e studia le violazioni delle norme internazionali sui diritti umani, così come sono state definite dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, al fine di mettere in luce situazioni e colpevoli e di indurre questi ultimi ad una miglioria futura.
Dopo una recente analisi, l’Italia è entrata ufficialmente nel mirino dell’organizzazione, per vari aspetti. Essa denuncia, innanzitutto, la situazione di stallo in mare, in almeno quindici occasioni, a causa del negato accesso alle navi delle ong da parte delle autorità italiane e del rafforzamento della possibilità di intervento da parte della Guardia costiera in Libia. Questo a seguito del decreto approvato da Salvini nel giugno scorso e divenuto legge ad agosto, il quale consente proprio di negare alle ong l’autorizzazione di entrare nelle acque territoriali o comunque la possibilità di agire su di esse.
Rispetto all’anno precedente, nel 2018 c’è stato un calo del 55% di persone che hanno raggiunto l’Italia via mare, conseguenza legata anche all’effettiva chiusura dei porti, così come sono diminuite le domande di asilo, sempre nello stesso arco di tempo, a differenza del vertiginoso aumento del tasso di rifiuto, dovuto alla parziale abolizione dei permessi di protezione umanitaria. Ma non è solo una questione politica o di burocrazia. Gli studi hanno evidenziato un aumento del tasso di intolleranza, di odio razziale e religioso, di xenofobia, sentimenti che si stanno diffondendo sempre più a macchia d’olio, sicuramente incentivati da una politica di chiusura e da una scarsa sensibilizzazione e conoscenza del fenomeno.