Pare abbia dell’incredibile, ma la fotografia scattata dal rapporto “Time to care – Aver cura di noi” di Oxfam denuncia in maniera forte e decisa la situazione delle disuguaglianze e della povertà nel mondo. Partendo da uno schema a piramide per rappresentare la ricchezza globale, che comunque risulta in crescita, possiamo constatare che il gradino in basso è occupato da una fetta consistente di popolazione, pari a 3,8 miliardi di persone, che vive in condizione di povertà con un reddito che non supera nemmeno l’1% del reddito mondiale; mentre nella stretta vetta in alto risiede comodamente quella percentuale di persone, numericamente inferiore (poco più di 2000), che vive nella ricchezza e nell’agio, con un reddito che supera di gran lunga quello collettivo del 60% della popolazione globale. Vi è una crisi di disuguaglianza economica, come si evince da questa piramide: i ricchi tendono comunque ad arricchirsi sempre di più, mentre i poveri difficilmente riescono ad avanzare e risulta necessario trovare una soluzione efficace per cambiare le cose, per cercare di eguagliare questa sconcertante disparità.
Oltre a questa disparità economica, dal rapporto è emersa anche una preoccupante disparità tra uomini e donne. Si tratta di sfruttamento del lavoro di cura non retribuito alle donne, le quali sono costrette a lasciare il proprio posto di lavoro, o comunque diminuire il contratto in un part-time meno agevolato e meno redditizio, per esigenze familiari, per occuparsi di faccende domestiche, della crescita e dell’educazione dei figli, così come di parenti disabili o anziani. Il loro è un lavoro invisibile: è essenziale per non nuocere all’equilibrio familiare, ma nessuno gli riconosce il vero valore, nessuno dà abbastanza peso all’energia, al tempo, alla costanza ed ai sacrifici impiegati per svolgerlo.
Ultimo fattore degno di nota, non certo per importanza, è la questione dei giovani in Italia: un’elevata percentuale di giovani sotto i 29 anni, infatti, subisce una condizione di povertà lavorativa, anche perché spesso non si ha un equo rapporto tra la domanda e l’offerta di lavoro.