Nonostante tutto sia un continuo evolversi, esistono alcuni fattori su cui poco si è lavorato per superare vecchi limiti, anzi si parla addirittura di tagli e retrocessioni. Una notizia datata dicembre 2019, a seguito di una indagine compiuta nell’ultimo biennio dall’Osservatorio Naga di Milano, denuncia una verità scomoda e rivela quanto sgradevole è la situazione degli immigrati, in territorio nazionale e locale. Il Naga è un’associazione di volontariato, con sede operativa a Milano dal 1987, che si occupa di assistenza socio-sanitaria e legale dei cittadini stranieri. Negli ultimi tempi, i volontari stanno, appunto, conducendo questa indagine, coinvolgendo strutture di accoglienza di vecchio e nuovo ordinamento (con compiti e possibilità di intervento ormai dimezzati), enti pubblici, i rispettivi direttivi e la stessa utenza, per raccogliere più informazioni possibili e per far fronte a questa situazione che sta sempre più peggiorando.
Se, in teoria, per “accoglienza” si intende “inclusione e tutela di soggetti ritenuti vulnerabili”, in pratica ci si ritrova a respingerli, a mandare avanti una legge che non li accoglie. La suddetta notizia tratta di rifugiati e richiedenti asilo, che si rivolgono ad uffici competenti, quali Comune, Questura e Prefettura, per avere riconosciuto il diritto di avere un documento valido per poter trovare un lavoro dignitoso e un posto in cui vivere regolarmente, che riporta ad un circolo vizioso da cui non si riesce ad uscire. Ma l’iter burocratico è complicato e mosso da leggi contrastanti, tanto che l’utenza non riceve immediata risposta e si vede letteralmente rimbalzare da una struttura all’altra, senza giungere ad una conclusione.
Questo è il risultato di un irrigidimento da parte della politica, a seguito delle ultime modifiche che stanno prendendo piede in Italia, che hanno totalmente stravolto la concezione di accoglienza. Purtroppo questa notizia ha messo in luce la problematicità e la superficialità con cui si sta vivendo il flusso migratorio: taglio dei fondi, chiusura di strutture ritenute di basso spessore, taglio del personale impiegato e diminuzione dei servizi proposti per una corretta e completa integrazione, con alla base una politica escludente e respingente.