Le varie discussioni che stanno prendendo vita attorno alla questione del decreto Rilancio ed al provvedimento per la regolarizzazione di alcune categorie di lavoratori stranieri hanno accentuato la discordia tra favorevoli e contrari. Alcuni si ritengono soddisfatti, perché con questo provvedimento una grossa fetta di lavoratori stranieri vengono messi nella condizione di lavorare in maniera regolare con annesso permesso di soggiorno temporaneo e la possibilità di conversione.
Altri, invece, non condividono questo tipo di provvedimento, almeno non in toto, spinti da una serie di motivazioni, quali ad esempio il mancato riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo, la confusione del testo, ma anche la scelta di focalizzare l’attenzione solo su alcune categorie, a discapito delle altre. Considerata la situazione sanitaria in atto, bisogna ricordare che il virus non discrimina e non è razzista, per cui gli stranieri non ne sono immuni. E’ giusto, quindi, che vedano riconosciuto il diritto di potersi curare, cosa che spesso non fanno proprio per la mancanza di un regolare documento.
A supporto delle tesi del secondo gruppo vi è, inoltre, un’ indagine ISTAT, che riporta dati sconcertanti circa il crollo dei permessi di soggiorno rilasciati nell’ultimo decennio per motivi di lavoro, a parte la parentesi positiva del 2010. In numeri parliamo di circa 250.000 persone nel 2009 e di sole 14.600 persone nel 2019. Dall’indagine si evince che i governi che si sono susseguiti nel corso degli ultimi dieci anni hanno letteralmente bloccato gli ingressi in Italia di stranieri per motivi di lavoro, i quali si sono comunque trasferiti utilizzando altre tipologie di permesso di soggiorno temporaneo e poi sono rimasti, aumentando i numeri del lavoro in nero, non potendo avere un regolare contratto ed essendoci comunque una grande richiesta di manodopera.
In conclusione, sarebbe opportuno ragionare su una politica di regolarizzazione permanente e nel pieno rispetto di tutti, onde evitare in futuro il ripetersi di situazioni simili.